[180] Fu la valle di Demone, e soprattutto Messina in grave pericolo per un caso successo poco dopo il ritorno del vicerè. Gli Spagnuoli, che l’augusto Carlo avea lasciati alla custodia della Goletta, quando prese il regno di Tunisi, vedendosi mancare le paghe, si ammutinarono, e minacciarono di uccidere gli uffiziali, e di abbandonare quella interessante fortezza. I capitani usarono la possibile prudenza, e destrezza in un così critico incontro, e vennero a capo d’indurne molti ad aspettare che arrivasse il denaro, che si attendea di momento in momento; e a quelli, che persistevano nella tumultuazione, diedero il permesso di ritornare in Sicilia, dove sarebbono stati soddisfatti. Il Gonzaga non volendo che questa truppa di malcontenti dimorasse in Sicilia, ordinò loro che andassero a sbarcare nell’isola di Lipari; ma costoro, malgrado il divieto del vicerè, presero terra presso Messina. I cittadini chiusero le porte della città, e facendo giocare i cannoni, fecero ogni opra per tenerli lontani. Il Gonzaga ancora ordinò, che le dodici galee, che erano nel porto, ne uscissero, e facessero fuoco contro gli ammutinati. Costoro, dei quali ne morirono alcuni, si allontanarono, e dopo di avere saccheggiati i villani presso la città, vennero a Castanìa, indi al Faro, e poi s’impossessarono di Monforte, e di S. Lucia, rubando, e portando la desolazione dappertutto. Tentarono d’impadronirsi della popolosa terra di Castroreale, ma ne furono respinti, essendone rimasti morti intorno a dugento.
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