Si frappose il vicerè, e facendo liberare il carcerato, venne a capo di sedare il nascente tumulto, e di conciliare l’ammiraglio con quei cittadini (825). Dovea egli fra breve partire per l’impresa dell’Affrica, e bramava di lasciare il regno nella tranquillità. Il Doria era arrivato a Messina colla flotta navale per questa impresa fin dal mese di maggio, e dopo di avere raccolta una classe di cinquantanove galee, erasene andato in Puglia per difendere quella parte del regno di Napoli, ch’era minacciata dal Barbarossa. Dopo di avere battuti quei mari, osservandosi che dappertutto vi erano de’ corsari, fu risoluto di divider la gran flotta in tre flottiglie, che ebbero ordine di andare in diversi luoghi alla seguela di questi ladroni, e poi ridursi a Trapani, dove sarebbono venuti il Gonzaga, e il Doria per portar la guerra in Affrica, e per sottomettere le città del regno di Tunisi, che si erano rivoltate (826).
Prima di partire da Messina volle il vicerè dar principio a quella fortezza, che poi dal suo nome fu detta il castello Gonzaga, la quale era molto necessaria alla difesa della città; e poichè bisognava molto denaro per questa fabbrica, indusse quei cittadini ad aggravarsi di tasse sopra i grani, sopra gli orzi, e sopra i vini, fino che quest’opera fosse compiuta. Ottenuto ciò fe’ tirare le linee del nuovo castello, e buttò egli stesso la prima pietra, e lasciando gli ordini, affinchè se ne continuasse il lavoro, a 23 di agosto partì condotto da sei galee del Doria da quella città, e venne a Palermo per darvi alcune disposizioni.
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