L’esito di questa guerra fu tale, quale il Doria, e gli altri gran capitani l’aveano pronosticato. Una tempesta suscitatasi dopo ch’era sbarcato l’esercito, rese inabili le soldatesche ad operare, la flotta si disperse, e a gran stento l’imperadore, poichè perdette sopra a cinque mila uomini, si ridusse al lido, dove erano poche galee scampate dal naufraggio, ed indi prese il porto di Bugìa, di cui era signore. Ristorate poi le truppe co’ viveri, che gli recò Mulei-Assen, e licenziate quelle, che non dovevano accompagnarlo, tosto che il mare fu in bonaccia, partì per la Spagna, dove arrivò a 25 di novembre dello stesso anno 1541 (835).
Il nostro vicerè Ferdinando Gonzaga fu uno di quelli, ch’ebbe la sorte di salvarsi, e partì dal porto di Bugìa colle galee di Malta, e venne a sbarcare in Trapani tra i 24 e i 27 di novembre, trovando noi che a’ 24 finì di sottoscriversi il marchese di Geraci, e che ai 27 cominciò di nuovo a dispacciare il Gonzaga (836). Da Trapani si portò questo cavaliere in Palermo, dove si trattenne qualche mese, e nel marzo dell’anno seguente partì per Messina, dove giunse a’ 24 dello stesso mese. In capo a pochi giorni arrivò la viceregina, che nell’agosto dell’anno antecedente era andata a Napoli (837). Non v’ha dubbio che l’oggetto, per cui portossi a Messina, non potè essere altro, che la difesa dell’isola. Dopo la perdita fatta dall’imperatore sotto Algeri, altro non potevamo aspettarci, se non che quei barbari ingallozziti del felice evento di questa guerra, si fossero posti in mare per attraversare il nostro commercio, e per fare, se potea loro riuscire agevole, delle scorrerìe nei nostri lidi, e in quei di Calabria.
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