Tale fu riputato il nostro vicerè dal detto monarca, il quale gli ordinò, che abbandonato il regno di Sicilia, e scegliendo un presidente, fino ch’egli avesse pensato ad eleggere un vicerè, passasse tostamente a Milano per governare quello stato. Ferdinando adunque disponendosi alla partenza, ci lasciò per presidente del regno Ambrogio Santapau, marchese di Licodìa come costa dall’atto di elezione fatto in Palermo agli 11 di maggio 1546 (863), e di poi partì.
Da quanto abbiamo sparsamente raccontato di questo vicerè, che fu principe di Molfetta, e duca d’Ariano, ognuno di leggieri riconosce con quanta di ragione l’augusto Carlo l’abbia sempre avuto in estimazione, e siesi sempre di esso valuto nelle più scabrose contingenze. Guerriero singolare, politico eccellente, e saggio governante, che, malgrado il suo lungo viceregnato, seppe sempre farsi amare dai popoli. La Sicilia molto deve a questo cavaliere, avendola fortificata in tutti i lidi marittimi, e resa inaccessibile a’ nemici. In Palermo oltre i due baloardi di Santa Maria dello Spasimo, e della porta di Carini, migliorò, e rese più forte il castello, che guarda il Molo: i castelli di Trapani, di Milazzo, di Catania, di Siracusa, e di Agosta furono dal medesimo ristorati; ma più che ogni altra città gli deve quella di Messina, che nulla ostanti gli ostacoli, che incontrò a renderla forte, seppe così bene munire, cingendola di muraglie, ergendovi il castello Gonzaga, facendovi degli altri baloardi nelle sue colline, e riducendo a fortezza rispettabile il castello del Salvadore, che guarda lo stretto, e difende quello importante porto.
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