Sinam, persuaso che la Sicilia fosse ben fortificata, si contentò di saccheggiare la sola città di Augusta, che il Vega non avea avuto ancora spazio di mettere in istato di difesa, e di poi veleggiò verso l’isola di Malta.
Non appartiene a questa storia il racconto dell’assedio di questa isola, della sua liberazione per uno stratagemma inventato dal ricevitore di Malta, che risedea in Messina, e della perdita della città, e castello di Tripoli, ch’era posseduto da’ cavalieri di quella religione. Solo diremo che molto contribuì a queste disavventure lo stesso Vega, il quale o perchè veramente credesse che non fosse espediente di sfornire la Sicilia del pari minacciata dalla stessa armata turca, per soccorrere Malta, o perchè fosse personalmente nemico del gran maestro, che si era negato di dare la Croce con una grossa commenda a Saverio Vega uno de’ suoi figliuoli (891), è certo che alle vive istanze di quell’ordine ricusò sempre di ajutarlo, e non vi mandò che il tenue soccorso di dugento Calabresi villani, ch’erano atti a tutt’altro, che a menare le mani.
Intanto i frequenti timori, da’ quali era agitato il nostro regno, avendo fatto cessare interamente l’esterno commercio, ed essendo perciò falliti molti mercadanti, cominciò a [195] mancare il denaro in Sicilia, e questa mancanza fe’ anche incagliare l’interno traffico dell’isola. Il Vega volendo ripararvi ordinò che tutto l’argento, e l’oro, che aveano i particolari, fosse trasportato nella zecca di Messina per ridursi in moneta; solo ne furono eccettuati i vasi sacri, e gli argenti di piccolo peso (892). Il Maurolico (893), ch’era autore vivente e dimorava in Messina, racconta che più di cento giumenti carichi di argenti, ed ori arrivarono in detta occasione in quella zecca.
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