CAPO VI.
Giovanni della Cerda duca di Medinaceli vicerè. Niccolò Caracciolo vescovo di Catania, Ferdinando de Silva marchese della Favara, e Bartolomeo Sebastiano vescovo di Patti presidenti del regno in diversi tempi.
Persuaso il serenissimo Filippo II che non era del suo servizio, che il Vega continuasse nel governo della Sicilia, stantechè per il soverchio suo rigore era in esacrazione a tutta la nazione, si determinò di dargli un successore, ed elesse Giovanni della Cerda duca di Medinaceli. La cedola reale, con cui egli fu costituito in questa dignità, fu sottoscritta in Brusselles al primo di dicembre dell’anno 1556, che poi alla sua venuta fu registrata in Palermo ai 7 di maggio dell’anno di appresso 1557 (922). Arrivò dunque questo nuovo vicerè in Palermo da Napoli ai 7 di maggio, e sbarcato lo stesso giorno sul ponte appostatamente preparato con un nobile arco trionfale, montò a cavallo, e fe la pubblica entrata accompagnato dal senato, dalla nobiltà, e dai magistrati, e venendo alla cattedrale prese solennemente il possesso, come vicerè nel giorno istesso, e poi cominciò ad esercitare la sua carica (923).
La prima sua sollecitudine fu quella di convocare al più presto, che fosse possibile, un parlamento generale straordinario. Trovò egli il regio erario nella ultima desolazione, e inoltre che le truppe, e le galee, che servivano alla custodia del regno, e dei suoi mari, andavano in credito di dodici paghe. Il re Filippo II non era in grado di occorrere a questi bisogni; trovavasi egli di avere sulle spalle una guerra stipendiosissima suscitatagli dal pontefice Paolo IV, il quale malgrado la tregua convenuta dall’augusto Carlo suo genitore per cinque anni con Arrigo II re di Francia, avea indotto questo sovrano, sciogliendolo dal giuramento fatto, a riprendere le armi, e ad unirsi seco contro il monarca delle Spagne.
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