Fu in essi rappresentato lo stato, in cui era il porto, e il castello di Tripoli, cioè ch’erano fortificati nella miglior forma, e che Dragutte, oltre le numerose truppe, che vi avea introdotte, li avea forniti di tutte le necessarie provvigioni da bocca, e da guerra, risoluto di difendere fino alla morte quella interessante piazza. Il vicerè come era ottimo cavaliere, e bravo politico, così era privo di coraggio, e nell’arte della guerra poco sperimentato; laonde atterrito dalla difficoltà dell’impresa, propose che fosse meglio di conquistare l’isola delle Gerbe, che altre volte era appartenuta a’ re di Aragona. Il Valletta, comechè fosse d’accordo, che fosse agevole d’impossessarsi di questa isola, fe nondimeno riflettere che codesta era una impresa inutile; giacchè partita la flotta, colla stessa facilità i Mori l’avrebbono ripresa, non essendovi una piazza, che potesse far rispettare le armi spagnuole, e addusse altre ragioni, che per brevità intralasciamo. Ma quando vide che il duca era ostinato nella sua risoluzione, e che gli altri capitani, sebbene fossero dello stesso suo avviso, pure per riverenza taceano, prese lo espediente di protestare che la religione si era obbligata per la guerra contro Tripoli, e che cambiandosi direzione, egli non si credea tenuto a secondare il vicerè, e avrebbe negati i promessi soccorsi. Questa libera risposta colpì l’animo del vicerè, il quale conoscendo di quale importanza fosse lo avere seco i Maltesi, comunque stesse fermo nella sua opinione, finse di cambiare sentimenti, e di ritornare al primo progetto, e poichè il gran maestro dubitava di essere deluso, egli giurò sulla testa del re suo signore, e su quella del proprio figliuolo Gastone della Cerda, che non avrebbe menata la guerra altrove, che a Tripoli.
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