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      Ma Tripoli non era l’idolo del duca di Medinaceli, il quale levate le ancore si avvicinò di nuovo all’isola delle Gerbe, ch’era il progetto suo favorito. Ivi sbarcate le truppe si venne a giornata col signore dell’isola, e poichè la disciplina militare, che si osservava fra’ nostri, e le armi da fuoco, cui non erano usi quei Mori, li atterrirono, perciò costoro si diedero ad una vergognosa fuga, e il signore dell’isola fu costretto a rendere il castello, a riconoscere il re di Spagna per Monarca, e ad obbligarsi ad un annuo tributo. Il duca di Medinaceli ingallozzito di questa ridicola conquista, pensò di farvi ergere un castello per conservarla, e fatti venire i materiali, e gli operarî dalla Sicilia, si trattenne coll’armata sino che fosse compiuto.
      Stavasi intanto in Sicilia in grande agitazione; era precorsa la voce che la flotta turca sarebbe presto venuta ne’ nostri mari, e che si sarebbe unita a quella di Dragutte. Le forze spagnuole erano nell’Affrica, e il regno ritrovavasi senza difesa, nè avea speranza di trovare de’ soccorsi nè da Napoli, nè da Milano, nè da Genova, che aveano spedito le soldatesche, e le navi per l’impresa di Tripoli. Il presidente marchese della Favara volendo nella migliore forma provvedere alla custodia del regno, intimò per il primo di giugno dello stesso anno 1560, il servizio militare a tutti i baroni feudatarî, e stabilì la città di Piazza per il luogo, dove eglino coi proprî uomini, cavalli, ed armi si dovessero radunare. Quest’ordine poi fu differito fino ai 10 dello stesso mese, per dare a’ baroni più agio di andarvi (936).


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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