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      Apparve finalmente ai 7 di maggio l’armata turca verso la isola del Gozzo, e il gran maestro, tuttochè avesse a pensare ai casi suoi, pur non ostante attento sempre a salvare l’armata Cristiana, spedì con ogni sollecitudine un brigantino all’ammiraglio Doria per avvertirlo del vicino pericolo. Questi, cui giunse cotale notizia a’ 10 dello stesso mese, [204] trovavasi ammalato: nondimeno fe’ subito dire al vicerè, che se volea scampare il risico di perdere sè, e gli altri, bisognava senza dimora rimbarcare le truppe, e fuggire prima che spuntasse il giorno. La caparbietà del duca di Medinaceli in questa occasione non sa concepirsi; si negò egli di far subito questa mossa, sempre lusingandosi che la flotta ottomana non era indiritta verso la isola delle Gerbe; ma quando la vide la mattina seguente comparire, e che le truppe senza aspettare i suoi ordini s’imbarcavano, e fuggivano, restò costernato, nè sapea cosa si fare. Mustafà Cara supremo comandante dell’armata, attento a non perder questa preda, fe’ inseguire da’ suoi le fuggitive galee, e n’ebbe in potere venti, nelle quali era imbarcato Gastone della Cerda figliuolo del vicerè, che vi restò schiavo, e quattordici navi da trasporto col loro equipaggio. In questo stato di cose avvilito il vicerè corse al padiglione del Doria, che non s’era ancora imbarcato, raccomandandosi al medesimo, acciò lo salvasse. Questi volle che si aspettasse la notte, sopravenendo la quale prese a bordo il duca, e i principali uffiziali generali, e colla sua sperimentata abilità si trasse dal pericolo, ed isfuggendo la diligenza del nemico venne a Malta.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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