Fu lasciato al castello delle Gerbe Alvaro de Gande con cinque mila uomini, che restò poi vittima dei Turchi con tutta la sua gente (938).
Tale fu lo infelice esito di questa spedizione, che tutto debbesi alla incapacità, e alla ostinazione del duca di Medinaceli, che ne riportò eterna ignominia. Vergognandosi egli di fermarsi a Malta, dove la presenza del gran maestro, ai di cui consigli non avea voluto giammai aderire, gli era un continuo rimprovero delle sue azioni, ne partì, e ritornò al governo del regno di Sicilia. Venne egli a Messina sugli ultimi di maggio, come costa dal registro della regia cancellarìa (939), da cui ricaviamo, ch’ei cominciò a dispacciare ai 30 di esso mese, e vi si trattenne affine di occorrere ai bisogni per il timore, che si avea dell’armata ottomana. Questi dubbî non erano vani; il Bassà Piali ritornato dalla Barbarìa invase in capo a poco la città di Agosta, e barbaramente la saccheggiò (940). Angustiato il duca di Medinaceli da tante sventure ebbe il piacere di vedersi confermato per altri tre anni per vicerè di Sicilia. Filippo II, che siccome non lo avea per buon soldato, così lo riputava un ottimo governante, gliene spedì la cedola da Toledo ai 23 di giugno, ch’ei fe’ registrare in Messina a’ 4 del seguente luglio (941).
In questo stesso mese avea il ridetto nostro governante intimato un straordinario parlamento nella riferita città. L’oggetto principale di questa adunanza, che fu tenuta nel regio palagio l’ultimo di esso mese, era di rimpiazzare la perdita delle galee fatta nello stesso anno, per potersi poi spedire dei soccorsi alla isola delle Gerbe.
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