Dopo quattro mesi d’indugio finalmente il Toledo si determinò a far quello, che fino allora avea ricusato di eseguire, e nel mese di agosto si partì colle galee, e colle truppe da Messina, e venne a Siracusa risoluto di recare egli stesso il tante volte negato soccorso. Per non lasciare il regno senza un governante, scelse per presidente del regno, durante la sua breve lontananza, Antonio Doria, marchese di Santo Stefano, e cavaliere del toson d’oro, cui spedì in detta città il dispaccio ai 24 dello stesso mese (982); e al primo del seguente settembre mosse le vele verso Malta, dove arrivò ai 6 di esso mese, ed ai 7 fe sbarcare le soldatesche, i viveri, e le munizioni da guerra da tanto tempo aspettate (983). Questo soccorso, sebbene fosse arrivato tardi, giacchè Mustafà, e il suo luogotenente Pialy già si erano risoluti di levare l’assedio, e di ritirarsi, come fecero, nondimeno rallegrò in parte i Maltesi, e potè in qualche modo conferire a intimorire vieppiù i comandanti ottomani, e ad indurli a partire più sollecitamente.
Lo storico di Malta Vertot (984) lasciò scritto, che il Toledo dopo di avere posto il piede nell’isola, e di avere fatta la rassegna delle truppe, che avea recate, e dovea ivi lasciare secondo gli ordini ricevuti dalla sua corte, immediatamente se ne partì per ritornare in Sicilia, sebbene nell’atto che s’imbarcava, e si separava dagli uffiziali generali, avesse loro promesso che ai 13 o 14 dello stesso [216] mese sarebbe ritornato con un altro rinforzo di quattro mila uomini, che aspettava dall’Italia, e che contava che potessero già essere venuti in Messina.
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