Dietro alle relazioni di questo cavaliere conoscendo il vicerè l’utile, che ne sarebbe risultato, appoggiò la dimanda del gran maestro alla corte, e gli procurò un sovvenimento di cinquanta mila scudi, venti in vettovaglie, che furono spedite sopra alcune navi spagnuole scortate dal Doria, e trenta in denari, e vi spedì ancora dalla Sicilia molti operarî per sollecitare l’erezione della nuova città.
Non tutta l’armata turca fu divorata dalle fiamme; le galee in parte scamparono l’incendio. Perciò Solimano ordinò al bassà che colle galee, che si erano salvate, scorresse i mari per tribolare i Cristiani. Costui a tradimento prese l’isola di Scio, nonostante, che i Genovesi fossero in tregua col sultano (993). Temendosi perciò di peggio il nostro vicerè unendo le galee di Spagna con quelle di Toscana, e di Genova, ch’erano al numero di 80, si pose in mare per cercare di cacciare questo corsaro da’ mari. Lasciò egli durante la sua lontananza per presidente del regno Bartolmeo Sebastiani vescovo di Patti, come costa dal dispaccio viceregio sottoscritto in Messina a’ 26 di marzo 1566 (994), in cui si dice, che il fine per cui partiva era appunto per soccorrere la Goletta, che forse sarà stato un altro dei motivi, per cui s’imbarcava.
Questa fu la terza volta, che sostenne questa carica il mentovato vescovo di Patti: ciò, che ci dà argomento ch’ei fosse un prelato sagace, e prudente. Era egli nato nel regno d’Aragona, ed era poi passato in Palermo, dove avea ottenuto nella cattedrale uno de’ canonicati di S. Giovanni degli Eremiti, ed era stato anche eletto inquisitore del tribunale del S. Uffizio.
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