Così Giacomo Longo, che continuò la storia del Maurolico (1010), il Bonfiglio (1011), l’Aprile (1012), per intralasciarne tanti altri. Il Mongitore nella sua Storia Cronologica de’ Terremoti è di accordo cogli scrittori da noi accennati, quantunque voglia (1013) che questo flagello sia accaduto l’anno antecedente 1566. Il P. Abate Amico, che non cita de’ mentovati autori che il solo Longo, niega il fatto, e sostiene non esservi veruno monumento, che lo comprovi (1014). Discorda ancora dal Mongitore, e fa vedere dalle memorie di tutte l’eruzioni del Mongibello dall’anno 1536 fin all’anno 1604, che non ven’ebbe alcuna nè nell’anno 1566, nè nel seguente 1567. Se si dovesse giudicare di questo fatto dal numero degli autori, che ne scrissero, come suole la volgar gente opinare, il P. Abate Amico si avrebbe tutto il torto; ma fa gran peso a noi egli solo, che fu diligentissimo nel raccogliere i monumenti, che servivano agli annali della sua patria, ed ebbe per le mani gli archivî di quella città, alla di cui testimonianza aggiungiamo il silenzio del Massa, e del Carrera, che non ne fanno alcun motto.
Il principe di Castelvetrano la di cui elezione fu nell’anno seguente 1568 confermata dal re Filippo II (1015), governò lodevolmente il regno nel tempo, che ne fu incaricato. Noi abbiamo di questo cavaliere una famosa prammatica nel primo suo governo, con cui regolò l’eccessive spese nel lutto, e prescrivendo in primo luogo quali persone potessero vestirsi a bruno, ordinò che non si potesse portare bruno più di un mese, vietò i parati neri nelle camere, proibì i così detti repiti, ossia i lamenti, che certe donne prezzolate faceano innanzi il cadavere del defunto, limitò il numero dei torchi a dodici, ciascheduno dei quali non dovea passare il peso di due rotoli, eccettuato se fosse stato il morto uno dei marchesi, o conti, o il loro primogenito: nel qual caso ne accordò ventiquattro, e diede altre provvidenze necessarie ad impedire le spese (1016). Questa prammatica fu promulgata dopo per l’istanza fatta dai deputati del regno nel parlamento celebratosi dal Toledo l’anno 1567, quantunque poi siesi coll’andare dei tempi messa in disuso, e sia stato perciò costretto il governo, come si dirà, a rinnovarla con alcune limitazioni giusta i costumi, le circostanze, e le usanze dei secoli.
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