Imperò considerando di essere impossibile lo imporre nuovi dazî, si determinarono di prorogare per anni dieci la gabella fissata l’anno 1562 di un tarino sopra ogni libra di seta cruda, e di un altro tarino sopra ogni oncia di peli, ed altre merci, e quella ancora sopra la farina imposta l’anno 1564: con espresso patto, che trascorso questo termine s’intendessero le dette gabelle estinte, nè potessero più imporsi per qualunque anche urgentissima necessità, nè in tutto, nè in parte. Questa risoluzione del parlamento fu comunicata al presidente principe di Castelvetrano a’ 19 dello stesso mese (1074). Furono in questa occasione dimandate alcune grazie al sovrano, che nella maggior parte o non furono accordate, o se ne differì da Filippo II la determinazione a miglior tempo, come si osserva nei capitoli del regno (1075).
Se la Sicilia in questo anno si trovò libera dalle invasioni de’ Turchi, non fu nondimeno esente da un flagello peggiore. La peste, quel mostro terribile, che miete senza pietà le vite degli uomini, e abbatte i più sublimi capi, entrò in Siracusa per mezzo di una galeotta, che veniva dallo Egitto, e avea recate delle merci infette, e diffondendosi per tutta l’isola trasse a morte una considerabile parte degli abitanti (1076). Il presidente del regno principe di Castelvetrano, ch’era a Messina, dove la pestilenza facea stragi immense, volendosi che ne sieno periti da quaranta mila (1077), se ne venne a Palermo; ma accortosi che anche in questa città si era inoltrata (1078), andossene ad abitare in Termini, per essere in istato di dare le provvidenze necessarie.
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