Costui a buona ventura, prima che arrivasse il visitatore, si era gravemente ammalato in Catania, ed essendone partito per andare in Messina, dove sperava di respirare un aria più salubre, prima di smontare dalla barca, che ve lo conduceva, se n’era morto.
Ma se riuscì al duca di Tagliacozzo di legittimarsi presso il regio visitatore, e di eludere così i ricorsi de’ malcontenti Siciliani, non fu poi così fortunato, per quel che lasciarono registrato alcuni de’ nostri scrittori, che fra poco accenneremo, nello iscansare le persecuzioni [246] de’ suoi più possenti nemici. Paolo Giordano Orsini (scrivono eglino) duca di Bracciano, che sperava di succedergli nel viceregnato di Sicilia, e il principe Doria, non si sa per quale particolare cagione, gli aveano giurato un’aspra guerra. Dava forza alle loro accuse il cardinale di Granvelle, ch’era stato vicerè di Napoli, che l’odiava a morte, e ch’era in grandissimo credito nell’animo del re Cattolico. Molto ancora conferirono ad inasprire questa piaga i Messinesi. Era morto nella loro città un certo Stefano, che da ebreo si era fatto cristiano, il quale facea spesso de’ viaggi a Costantinopoli, barattando i Turchi, e gli Ebrei co’ schiavi Cristiani, ed era caro al famoso Ulucchiali. Siccome costui non avea prima di morire fatto testamento, il conte di Briatico stratigoto di Messina ordinò, che si facesse l’inventario alla di lui casa. Or fra le carte, che vi furono trovate, vi erano alcune lettere di corrispondenza fra il vicerè, e l’Ulucchiali, dalle quali si rilevava, che passava fra di loro una stretta amicizia.
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