Ridusse ancora il duomo di Messina in una migliore, e più moderna forma, e fe ogni opra, acciò quella città divenisse più magnifica, e più splendida.
Inoltre dovendosi celebrare il solito triennale parlamento, lo convocò nella stessa città per il mese di maggio 1585, il che fu molto gradito da quei cittadini. In esso, che fu tenuto nella sala del medesimo regio palagio, fe la consueta domanda, e fu conchiuso dai parlamentarî di offerire il solito donativo dei trecento mila fiorini, e la prorogazione di quelli accordati negli antecedenti parlamenti, cioè di quello per le sei galee per nove anni, di quello della cavallerìa per tre altri anni, e della gabella su i peli, le merci, la seta cruda, e la macina per altri anni dieci, come si fa palese dagli atti di questo parlamento (1131), dai quali ricaviamo ancora, che fu fatto il solito dono di cinque mila fiorini al presidente del regno, e che furono dimandate, e in parte accordate alcune grazie, siccome leggesi nei capitoli del regno (1132). Non sono neppure quì mentovati i regali al cameriere, e ai regî uffiziali.
Noi non sappiamo, se prima, o dopo di questo parlamento sia nata l’etichetta fra questo presidente del regno, e il principe Doria. I nostri scrittori trascurarono di accennarcelo (1133), e il solo Caruso (1134) vuole, che questo fatto sia accaduto nel mese di settembre 1584, senza però addurcene veruna testimonianza. Arrivato il Doria in Messina colla sua squadra, dove era il presidente del regno, pretese prima che salutasse, di essere salutato come generale di mare: ma il Bisbal essendo capitano generale di provincia, e rappresentando la persona del re, non comportò, mentre egli risedea in quella città, che si prevenisse il Doria col saluto, ed ordinò al comandante dell’artiglieria sotto la pena di perder la testa, che non facesse verun segno.
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