Si era preparato secondo il costume un ponte di legname vicino la chiesa di Piedigrotta, dove sbarcar doveano il vicerè, e la viceregina. Siccome questo ponte si era fabbricato da molti giorni, e verisimilmente per l’avarizia dei fallegnami, che n’erano stati incaricati, non era stato fatto così forte, e fermo, quanto bisognava, avvenne, che nel punto in cui stava il vicerè per sbarcare, e sul ponte erano l’arcivescovo, il senato, i magistrati, la nobiltà, e gli altri uffiziali per riceverlo, mancò quello edifizio, e caddero a mare quanti erano su di esso, alcuni dei quali vi restarono affogati, ed altri ebbero la sorte di salvarsi, fra’ quali il nuovo arcivescovo Diego Aedo. Racconta il [255] Talamanca (1163), che vi perirono da cento persone, ma il Paruta (1164) non li fa montare che a quarantanove. Fra questi vi morirono alcuni, che doveano liberarsi, se la crudeltà, e l’avidità dei marangoni non l’avesse affogati, per profittare delle loro spoglie (1165). Restarono afflittissimi di questo disastro il vicerè, e la viceregina, i quali pieni di cordoglio, senza veruno altro accompagnamento, postisi in due portantine se n’andarono privatamente al regio palagio (1166).
Continuava la carestia a tribolare il regno (1167); e siccome se ne attribuiva la colpa al vicerè, così egli era venuto in abominazione presso di tutti: per altro senza questo nuovo disastro, di cui era riputato la cagione, si avea attirato per altri motivi l’odio universale. I nobili n’erano mal contenti per l’alterigia, con cui li trattava, e per quella maniera di procedere ex abrupto, con cui operava, calpestando i privilegi e i capitoli del regno, nei quali era prescritto il modo con cui doveasi procedere nelle cause.
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