Un altro non meno pernicioso male tribolava la valle di Demona. Eransi i fuorusciti, e i ladri così moltiplicati in quella valle, che non v’era città, o terra, che fosse sicura dalle loro scorrerìe. Era capo de’ medesimi Giovan Giorgio Lancia, sotto di cui militavano intorno a dugento uomini di questa maledetta genia. Il carattere di costui era veramente singolare. Facea egli la guerra principalmente agli usurarî, e a’ ricchi, e quanto togliea loro, lo dispensava a’ suoi, ed a’ poveri. Siccome i capitani d’armi, che sono destinati coi loro soldati a tener nette le vie da’ ladri, s’erano intimoriti, e paventando il valore del Lancia, e il numero prodigioso de’ suoi compagni, in vece di persequitarli, li fuggivano, e si guardavano di [258] andare ne’ luoghi, dove sapeano che costui si trovasse, non v’era più modo di viaggiare con sicurezza per il regno. Volendo il conte di Olivares darvi riparo, e spurgare quella valle da costoro, prese lo espediente di eleggere, come si costuma in simili urgenti casi, un vicario generale, cui diede lo incarico di conquiderli, accordandogli tutta l’autorità necessaria per eseguirlo. Cadde l’elezione in persona di Francesco Moncada principe di Paternò, e conte di Caltanissetta, il quale, essendo uno de’ più potenti magnati del regno, per il numeroso vassallaggio, che gli ubbidiva, prese a suo carico di estirparli, e di rendere questo considerabile servigio alla corona, e a tutta l’isola. Fu singolare il mezzo, che si adoprò, per separare costoro, e così indebolirli.
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