In città fu creduto terremoto: piovevano dappertutto le pietre: il sole restò celato per qualche minuto per il fumo della polvere, e molti colpiti da’ sassi furono stroppiati (1182).
      Era il conte di Olivares un filosofo di una vasta mente, che molto meditava; parea nato per governare: uomo di poche parole, e di una fermezza, che non era cosa agevole il frastornarlo da quanto avea risoluto. Non amava d’essere corteggiato, ed odiava gli adulatori. Era egli chiamato universalmente lo stoico (1183). Perciò de’ due mali, che tenevano melanconica la città di Palermo, guardando il primo, cioè l’incendio delle polveriere, con occhio filosofico, nè trovandovi rimedio, avvegnacchè era uno di quei casi, che spesso accadono nel mondo, punto non se ne incaricò. Ma non fu così indifferente intorno all’eccessivo prezzo de’ grani, che tuttavia continuava nella capitale, seguitandosi a vendere ad otto, e a dieci oncie la salma dagli avari benestanti, che si ostinavano a non volerli dare a minor mercato, e sotto severe pene volle osservato quanto avea prescritto a Messina al suo arrivo, cioè che non eccedesse il prezzo d’ogni salma le oncie due. Dovettero costoro lor malgrado ubbidire, e così la povera gente cessò di essere angariata (1184).
      Mentre il conte di Olivares si tratteneva a Palermo, accadde in Messina una tumultuazione nell’anno 1593. Ad intender questa è d’uopo di sapere, che quei cittadini sempre intenti a pruomovere i loro vantaggi, e a [259] sostenere i privilegi, che vantano, fin dall’anno 1591 cogliendo il punto, in cui il re Cattolico per le guerre che sostenea avea bisogno di denaro, gli aveano offerto seicento mila scudi, che preso aveano ad interesse da’ Genovesi, purchè in ricompensa confermasse loro gli antichi privilegi, ed accordasse alcune grazie.