Vi è alle stampe la relazione di quanto allora fu fatto, e trovasi ancora registrato nella Cronaca del Paruta (1189). Il conte di Olivares, per concorrere alla comune allegrezza, liberò quarantotto carcerati, che doveano essere condannati a morte, punendoli colla sola pena della galea, e con uno indulto ordinò, che dal primo di settembre fino a’ 15 di esso mese i debitori non potessero essere molestati (1190). Giudicheranno i politici, se codeste grazie perniciose allo stato, e gravose a’ creditori siano da commendarsi.
      Più serî affari occupavano allora l’animo di questo vicerè. Amuratte III. pacificatosi col Sofì di Persia, rivolse le sue armi contro l’imperadore Ridolfo, ed era già entrato nell’Ungherìa. E poichè frattanto si stava allestendo in Costantinopoli una flotta navale, fu fama che questa fosse destinata contro i regni di Napoli, e di Sicilia, a fine di frastornare il re Cattolico dal porgere de’ soccorsi al suo augusto cognato. Fu dunque di mestieri che il conte pensasse alla difesa del regno a sè commesso, acciocchè s’impedisse qualunque sbarco degli Ottomani; e perciò egli oltre le circolari spedite per tutto alle città marittime, avvisò i baroni, ch’erano obbligati al servigio militare, affinchè fossero pronti ad ogni bisogno. O che la voce sparsa fosse menzognera, o che facea mestieri di tempo sino che l’armata turca navale fosse lesta, per tutto l’anno 1593 non furono veduti legni di questa nazione ne’ nostri mari, e restò la Sicilia tranquilla.
      Come poi cadeva il tempo dell’ordinario triennale parlamento, questo vicerè lo intimò in Palermo per i 14 di maggio dell’anno 1594. Gli atti di questa adunanza parlamentaria si sono perduti; nè si trovano ne’ regî archivi.