Si trattenne egli al solito nella casa, e giardino di Cifuentes, fino che fossero fatti i soliti preparamenti per la sua solenne entrata, e a’ cinque di esso mese di aprile sulle ore 22 accompagnato dal senato, dal ministero, e dalla nobiltà entrò in città, e portatosi alla cattedrale, dove fu letto il suo dispaccio (1211), dato il giuramento prese il possesso del viceregnato, e collo stesso accompagnamento andossene alla sua abitazione nel regio palagio. Ivi, secondo l’ordine ricevuto dalla corte, fe subito sprigionare i senatori, e per risarcire il loro onore, li reintegrò per quel tempo che rimanea loro, nel posto da cui dal marchese di Geraci erano stati sbalzati.
Poco tempo si trattenne allora questo vicerè in Palermo. Avea avuto egli certissimi avvisi che stavasi preparando in Costantinopoli una poderosa armata, che si credea indiritta contro i regni di Napoli, e di Sicilia, e perciò si affrettò a partire per Messina, affine di far fortificare le piazze marittime più importanti, e sopra tutto Capo Passero, che era il più esposto, e per dare ancora all’isola di Malta, e a quella del Gozzo gli opportuni aiuti, se mai Sinam bassà, che dovea comandare la flotta, s’indirizzasse contro le medesime.
Ora, mentre egli dimorava in quella città, ai 17 di settembre comparve la flotta turca, la quale non era così numerosa, come si temea; giacchè non oltrepassava le quaranta galee, e si fermò alla fossa di S. Giovanni. Non fu Messina atterrita da questo arrivo. Il picciol numero delle triremi, e l’osservare che Sinam non dava segno di veruna ostilità, fe credere che quella piccola armata non era indiritta contro la Sicilia, ed avea altro destino.
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