Intanto arrivò in Messina la notizia della morte di Filippo II, il quale vedendosi [265] ridotto male in salute, e sentendosi vicino a compiere l’ultima scena in questo mondo, rinunziato il governo dei suoi stati a Filippo III suo figliuolo (1217), si era ritirato al convento di S. Lorenzo allo Escuriale (1218), e assalito dalla schifosa malattia chiamata dai medici pedicolare, se ne morì ai 13 di settembre. Il duca di Macqueda, che in Messina ancora dimorava, fe vestire a scoruccio la sua corte, la nobiltà, e il ministero, e fe le circolari per tutto il regno: ordinando che si celebrassero l’esequie al defunto re, e si acclamasse Filippo III unico rampollo di questo monarca. In Messina i funerali precessero l’acclamazione, e furono superbi, e allora recitò l’orazione encomiastica del defunto monarca Francesco Bisso palermitano (1219). Un’altra, forse in un’accademia, ne recitò Giuseppe Bonfiglio, l’autore della Storia siciliana più volte da noi citata, la quale va annessa alla stessa sua opera (1220). Resi gli ultimi uffizî a Filippo II, fu ordinata la solenne cavalcata per l’inaugurazione del nuovo sovrano, nella quale portò il reale stendardo il conte di Vicari, ch’era allora strategoto di quella città (1221).
In Palermo si cominciò dall’acclamazione di Filippo III con una pomposa cavalcata, alla quale intervennero dugento settanta due cavalieri, alla testa de’ quali per la lontananza del vicerè, era il principe di Castelvetrano, che portava in mano uno stendardo di damasco di color cremisi, e gridava: Viva il re Filippo III nostro Signore.
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