In questo parlamento fu eletto per ambasciadore del regno, a fine di rallegrarsi col nuovo sovrano, ed apportare la fatta offerta, il principe di Castelvetrano, cui per equipaggiarsi, e per il [266] viaggio fu accordato un sussidio di quindici mila scudi. Si fece il solito complimento ai figli del vicerè Giorgio, Giacomo, e Giovanni Cardines di dichiararli regnicoli; qual grazia fu anche accordata al vescovo di Cefalù Emmanuele de Quero Torrillo (1225).
      Si applicò il duca di Macqueda, dimorando in Palermo, a nobilitare questa città, imitando le vestigia dei suoi antecessori. La strada del Cassero, detta dal suo autore Toledo, dividea la città per mezzo. Pensò egli di aprirne un’altra del pari larga, e superba che con quella del Cassero tagliasse la capitale in croce, e la dividesse in quattro uguali quartieri. Volentieri aderirono a questo pensamento il senato, e i cittadini, e fu tosto data mano a questo nobile progetto, che rendea la città di Palermo la più bella di qualunque altra di Europa. Fu fatta l’apertura di questa nuova strada ai 24 di luglio 1600 con solennità, intervenendovi col senato, e la nobiltà lo stesso vicerè, che con un martello di argento ruppe la prima pietra. Questa strada, che da noi volgarmente è detta la Strada Nuova, fu anche chiamata, e si dice nelle pubbliche scritture Macqueda, e va dalla porta di Vicari chiamata altrimenti Porta di S. Antonino alla porta di S. Francesco di Paola, che anche dicesi Porta Macqueda. Ingrandì anche il regio palagio con quello spazioso cortile ornato di colonne, che tuttavia si vede, e vi fabbricò la famosa galleria, in cui si fanno le funzioni reali.