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      Rivolse ancora questo incomparabile ministro le sue mire a procurare che si mantenesse nel suo splendore il ceto de’ baroni, e non decadesse dall’antica nobiltà. Trovò egli che la massima parte di essi era aggravata di debiti, e per la cattiva amministrazione delle loro rendite non v’era modo di potere risorgere; giacchè vessati da’ creditori erano costretti ad alienare i loro feudi, e a vivere poi miseramente. Per impedire adunque la rovina di questo rispettabile ceto, il duca di Macqueda, avendo anche l’occhio vigile agl’interessi de’ creditori, formò una deputazione, che fu detta degli stati, composta da integerrimi ministri, che furono da lui incaricati di amministrare i beni de’ baroni debitori, assegnando loro un parco, ed onesto mantenimento, e impiegando esattamente il resto ad estinguere i debiti (1228).
      Fu del pari a cuore di questo vicerè il promuovere il commercio, che per le continue scorrerìe de’ Tripolini, e degli Algerini restava impedito. Armò in fatti egli a sue spese alcuni vascelli da guerra, che mandò [267] in corso contro quei pirati; ed oltre di avere in parte assicurati i nostri mari, per le prede che fecero, ei ne trasse considerabili vantaggi (1229).
      Ignoriamo se sia vero quanto racconta il Caruso (1230), cioè, che il medesimo concepì il disegno d’impossessarsi di Tripoli, e che intendendosela col conte di Lemos vicerè di Napoli, e col gran maestro di Malta abbia convenuto co’ medesimi di assalire colle rispettive loro galee improvisamente quella città. Gli scrittori napolitani, e quelli della religione gerosolimitana ancora, se sen’eccettua il Pozzo (1231), non ne fanno alcun motto.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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