Questi tre particolari donativi pagar dovevansi nello spazio di tre anni. Al cameriere maggiore si assegnarono le già fissate oncie dugento (1235), nè si trascurarono i soliti doni agli uffiziali regî.
Il dono gratuito fatto a questo vicerè di venticinque mila scudi nelle circostanze deplorabili, in cui allora trovavasi la Sicilia, è un argomento certo dell’affezione de’ Siciliani verso questo benemerito cavaliere. Da quanto si è sin’ora raccontato bisogna convenire che il duca di Macqueda fu un governante intento ognora a promuovere la felicità del regno a sè affidato, cercando sempre i mezzi per migliorare la sorte degli abitanti. Gli stessi messinesi scrittori (1236), quantunque non dovessero esserne molto contenti, giacchè malgrado il privilegio di Filippo II, la di cui conferma collo sborso di altri cinquanta mila scudi ottenuto aveano dal di lui figliuolo Filippo III, con cui si stabiliva che i vicerè dovessero dimorare 18 mesi nella loro città, ei non avea voluto giammai indursi a starvi nel termine accordato, ne fanno non ostante i maggiori elogî, attestando ch’era degno di una più lunga vita a vantaggio della nazione.
Ma le Parche invidiose a danno della Sicilia ruppero presto il fuso, che attorcea un così soave, e chiaro stame. Il duca di Macqueda finì di vivere in Palermo ai 16 di dicembre 1601 (1237), lasciando inconsolabili i Siciliani di così grave perdita. Di questo incomparabile personaggio furon descritte le opere nel seguente epigramma da Pietro Carrera:
Reddita quadrifida est me praecipiente Panormus.
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