Fu egli convinto, e i giudici decisero che gli fosse reciso il capo, e che il di lui paggio fosse impiccato, come fu eseguito. Siccome il principale obbietto del viaggio del vicerè era stato di visitare il regno, e particolarmente le città littorali, così si trattenne poco tempo in Messina, giacchè nel seguente agosto andossene a Catania, e di là passò a Siracusa, ed indi si restituì a Palermo.
Forse egli avea in animo di trattenersi molto tempo in Messina; ma non eseguì questo suo disegno per altri motivi, che noi non sapremmo indovinare. C’induciamo a creder così dal trasporto degli archivî regî, che fu fatto da Palermo a quella città, che non solea farsi, se non quando i vicerè vi facevano una lunga residenza, i quali furono tosto alla partenza del vicerè rimandati alla capitale. Questo trasporto allora fu per lo stato di uno irreparabile danno. Coll’andarivieni de’ vicerè da Messina a Palermo, e da questa a quella città, accompagnandoli i tribunali, erano anche trasportati a grandissimo dispendio del regio erario gli archivî. Veramente gli ordini sovrani prescrivevano che se ne facesse il trasporto assolutamente per terra, e così si era sempre eseguito; ma nel ritorno che fe il duca di Vigliena in Palermo, considerandosi la grave spesa, che era necessaria per trasportare a schiena di muli e di cavalli le innumerabili casse, che contenevano le scritture de’ detti archivî, fu risoluto di mandarle per mare, e fra le altre barche, che furono impiegate a questo trasporto, vi fu anche la grossa nave palermitana, ch’era del duca di Feria, chiamata per la sua grandezza l’Arca di Noè, di cui abbiamo favellato.
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