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      A vantaggio ancora del banco, in cui erano tuttavia innumerabili monete tosate in deposito, fu rivocato il primo bando de’ 22 di giugno, e fu prescritto che i depositanti le dovessero riprendere senza alcuno risarcimento, ciò che tornò poi a danno de’ particolari (1289).
      Furono allora spedite a Messina sopra tre galee cento quarantamila scudi di monete vecchie, e da quella zecca venne un rinforzo di moneta nuova di altri ottanta mila scudi. Ma le monete coniate, escluse le vecchie, erano troppo poche per i bisogni del regno, e per la circolazione del commercio, e perciò era d’uopo che si trovasse altro argento per moltiplicarsi. Coloro che aveano argenti in casa, essendosi fin allora lasciato al loro arbitrio il portarli al banco per ricambiarli in moneta alla ragione, come si è detto, di tarini dieci per oncia, nella maggior parte li aveano conservati, non trovando il loro conto a dare l’argento lavorato ad una ragione così tenue. Fu perciò di mestieri, per provvedere al ben pubblico, di adoperare la forza. Laonde il marchese di Vigliena con un nuovo dispaccio ordinò, che tutti i particolari, che aveano argenti, dovessero portarli ne’ banchi di Palermo, e di Messina, sotto la pena di perderli, se erano scoperti; e in ciò fu anche agevolato dall’arcivescovo, e dagli inquisitori, avendo il primo sotto la pena di scomunica vietato alle monache di nascondere ne’ loro monasteri gli argenti di veruna persona, e nel caso che ne avessero nascosti, prescrisse loro, che li dovessero restituire fra il termine di 24 ore; ed anche ordinò a tutti, e singoli, che fossero soggetti alla giurisdizione arcivescovale, e possedessero degli argenti, di portarli al banco pubblico.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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