La violenza usata contro del pretore, e di uno dei deputati del regno, disgustò al sommo i cittadini di Palermo, che erano gli unici fra i Siciliani, che continuavano ad amare il marchese di Vigliena. Eglino in verità aveano giusti motivi di restarne contenti. La predilezione che mostrava questo cavaliere per la loro patria, dove avea continuamente dimorato, malgrado gli schiamazzi dei Messinesi, che voleano eseguito il loro privilegio; la premura, ch’ei avea, acciò questa capitale divenisse sempreppiù cospicua, ora abbellendo il regio palagio, ora ornandola colla nobile piazza Vigliena; la profusione, che ei facea, del proprio denaro in opere pie, giacchè a sue spese fu fabbricato il grandioso chiostro del convento di S. Maria degli Angioli dei PP. Osservanti, e si cominciò l’altro spazioso dei PP. del terzo ordine di S. Francesco, detto di S. Anna, e della Misericordia; le pubbliche funzioni fattesi in città, quando fu aperta la piazza ottangolare, o quando vi entrò il nuovo arcivescovo il cardinal Doria, o quando furono benedette le bandiere per la flotta che comandava il conte Scarlai, alla magnificenza delle quali molto contribuiva la di lui presenza, e il numeroso corteggio, che seco menava; le feste di ballo, i banchetti, i tornei, le corse dell’anello, i giuochi del carusello, e le caccie dei tori, che furono fatte nell’occasione dei due sponsalizî, l’uno della nipote del ridetto vicerè col marchese di S. Lorenzo della illustre famiglia Fardella, e l’altro di una nipote del barone di Siculiana col fratello del suo cavallerizzo, tennero sempre occupata e allegra la città, e il popolo lieto e contento.
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