Si negarono i senatori di riconoscerlo per strategoto, e il cardinale irritato dalla loro resistenza, ordinò a tre dei medesimi, sotto la pena di dieci mila scudi, di presentarsi fra il termine di dodici ore nel castello di Milazzo. Ubbidirono eglino al comando, ma prima si radunarono coi loro colleghi, ed ordinarono al sindaco, che intimasse ai giudici di esaminare, se giusta i privilegi della città potevano ricevere per strategoto il marchese di Sortino, e dargli il possesso. Costoro congregatisi decisero, che la elezione era nulla, e perciò l’eletto dal cardinale fu costretto a partirsene, e a ritornare in Palermo. Saltò allora la mosca al naso al Doria, il quale sotto la stessa pena di dieci mila scudi chiamò in Palermo Stefano Reggitano uno dei giudici che aveano sentenziato, ordinandogli che si presentasse nelle carceri della vicarìa. I Messinesi intanto ne scrissero in Ispagna, dove aveano degli appoggi, e il re Filippo disapprovando la condotta del presidente porporato, ai 28 di gennaro 1611 ordinò, che i senatori carcerati, e il giudice ancora, fossero tosto liberati, e reintegrati nell’impiego. Fu incaricato pell’esecuzione di questo sovrano comando il duca di Ossuna (1309). Così finì con poco onore del cardinale questa contesa.
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CAPO XV.
Piero Giron duca d’Ossuna vicerè, il cardinal Doria luogotenente del regno.
Recossi il nuovo vicerè duca d’Ossuna prestamente a Messina sullo spirare del mese di marzo 1611, ed ivi si trattenne tanto tempo, quanto bisognava per eseguire l’ordine reale, rimettendo in libertà i tre senatori, che stavano carcerati nel castello di Milazzo, e reintegrandoli nella carica, di cui dal cardinal Doria erano stati spogliati, esclusi quelli che il detto porporato sostituiti avea.
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