Stava a cuore di questo governante il dar riparo al rovinoso stato, in cui era l’erario regio. Malgrado i donativi, che in ogni triennio si accordavano alla corte, e gli straordinarî ancora, che in certe emergenze si offerivano, il mantenimento dei castelli, delle galee, della cavalleria, e delle altre soldatesche, le somme che si pagavano per sostenere gli ospedali, ed alcuni monisteri, ed i soccorsi che si davano alle vedove, ed ai pupilli, erano tali, che le spese sormontavano di gran lunga l’entrate, e perciò per supplirvi era d’uopo di vendere a quando a quando alcuni effetti del real patrimonio. A soddisfare codesti esorbitanti pesi facea di mestieri il regolare le cose in maniera, che lo introito almeno pareggiasse l’esito. Quindi dovendosi celebrare il generale parlamento, ch’era già stato intimato per i 20 di maggio 1612, nell’apertura di esso il duca di Ossuna rapportò agli ordini dello stesso gli inconvenienti di questo sbilancio, il quale dovea col tempo cadere in danno grandissimo del regno istesso (1314).
Quantunque i parlamentarî toccassero colle mani, quanto fosse vero ciò che il vicerè rappresentato avea, nondimeno non era il progetto di bilanciare il regio erario di così facile espedizione. I pesi, che soffriva lo stato, e che noi in ogni parlamento abbiamo riferito, gli erano abbastanza gravosi, e bisognavano altri modi da soccorrere lo esausto regio erario. Questa fu la cagione, per cui le sessioni fattesi nel detto parlamento furono molte, e per cui si tardò fino a’ 10 del mese di agosto a rendere la risposta.
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Ossuna
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