Non volle il duca di Ossuna che andassero sole alla corte le rappresentanze di quei cittadini; ordinò al maestro razionale Pietro Corsetto, al suo consultore Ferdinando Manete, e all’avvocato fiscale del real patrimonio Giuseppe Napoli, per sostenere l’imposizione stabilita dal parlamento. Durò questa contesa in Madrid fino all’anno 1615. Si fecero valere le ragioni dell’uno, e dell’altro partito: ma la più forte fu quella dei Messinesi, perchè appoggiata da un donativo di cento cinquanta mila scudi; e perciò fu deciso che si abolisse la gabella, ossia il dazio sulla seta cruda, e ne furono dati gli ordini al vicerè, per eseguirsi la sentenza pronunziata nel consiglio d’Italia (1321). Verisimilmente i senatori, e il fiscale furono rimessi in libertà.
Impinguatosi coll’accrescimento di trecento mila scudi annuali per lo spazio di nove anni il regio erario, concepì il duca di Ossuna il disegno di armare per mare, non solamente per tener lontani i corsari dalle nostre coste, ma per tentare ancora qualche gloriosa impresa in Barberìa. A questo fine ordinò che si fabbricasse in Messina una galea capitana di trentadue banchi, e volle che subito che questa fosse già compiuta, e che fossero risarcite quelle che ritrovavansi in quella città, si spedissero in Palermo. Giunse felicemente nella capitale la detta galera con otto altre al 1 di aprile 1613. Era generale della squadra Ottavio Aragona, cui fu comandato di mettere alla vela per far rispettare le armi siciliane. Nel giorno seguente questo ammiraglio fece la rassegna delle truppe, così di quelle, che erano venute da Messina, che delle altre che erano in Palermo, e questa truppa destinata allo imbarco fu schierata nel piano di S. Erasmo.
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