Non ebbe occasione questo nuovo vicerè di applicarsi ad abbellire la città di Palermo, trovandola ornata di superbi edifizî, e di spaziose strade per opera dei suoi antecessori Toledo, Colonna, Macqueda, Villena, Ossuna e Castro, nè altra fabbrica fu da lui impresa, sebbene molte ne avesse pensate (1380), che quella del quartiere dei soldati coll’ospedale per i medesimi sotto il titolo di s. Giacomo, che secondo il giudizio degl’intendenti è una fabbrica di maestosa architettura.
Ma se non ebbe il tempo di nobilitarne il materiale, la rese certamente più cospicua con promuovervi le scienze, e coltivarvi i vivi ingegni. Erasi da molto tempo eretta in essa città un’accademia, che era chiamata degli elevati intelletti, ma questa, come sovente suole accadere a cotali adunanze, quando il premio non eccita il fervore dei letterati, e mancano i mecenati, cominciava già a languire. Volle sua altezza rianimarla, e per vieppiù eccitare i dotti a coltivarla, le cambiò nome, e volle che si dicesse in avvenire de’ Riaccesi. Destinò quindi il palagio di sua residenza per asilo delle muse, ordinando che nei destinati giorni della settimana vi si radunassero gli accademici alla sua presenza (1381): raro esempio ai governanti, che non solo dovrebbono proteggere, ma anche ricoverare le scienze, e colla loro assistenza incoraggiare i talenti. L’aspetto rispettabile di colui, che comanda, impegna i studiosi a fare i maggiori sforzi del loro ingegno, ed una pubblica lode uscita dalla di lui bocca è capace di rincorare, e spingere a nuove imprese colui, che vien commendato, e di eccitare l’emulazione, e la gara negli altri.
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