Egli è certo, che vi s’incontrarono degli ostacoli. Raccontano i nostri scrittori (1412) che appena morto il vicerè sul declinare del giorno 28 di marzo, fu convocato nel regio palagio il sacro consiglio, e dopo varî dibattimenti fu risoluto di fare eseguire il dispaccio viceregio; che alle ore sette di notte scese il nuovo presidente al duomo per prendervi il possesso; che trovò le porte chiuse, e che i sagrestani per ordine segreto dell’arcivescovo ricusarono di aprirle. Laonde andò alla cappella regia di S. Pietro, dove diede il solito giuramento. Questo frettoloso, e notturno possesso, e il rifiuto fatto dai sagrestani di aprire le porte della cattedrale additarono abbastanza che la bisogna non era senza contradizione.
      Che che ne sia della verità di questo fatto il conte di Villada nel seguente giorno 29 di marzo fu riconosciuto, e salutato come presidente del regno, e di poi si fecero nella stessa cappella reale i solenni funerali al difonto vicerè, il di cui cadavere fu conservato in deposito nella chiesa inferiore della detta cappella regia per molti mesi (1413), per poi trasportarsi, come fu fatto, in Ispagna. Breve fu il governo di questo cavaliere, che non durò che poco tempo, come si osserverà nel seguente capo. Durante la sua presidenza non sappiamo nulla di particolare, che egli abbia fatto, e che debba registrarsi. Solo ci costa che ei celebrò nel regio palagio di Palermo il generale ordinario parlamento nel mese di luglio dello stesso anno, in cui al ventunesimo giorno dietro alla proposta, che ei avea fatta, i parlamentarî offerirono i donativi ordinarî, e inoltre fecero il solito regalo di cinque mila fiorini al medesimo, e quelli destinati al suo cameriere maggiore; quello de’ regî uffiziali (1414) fu accresciuto allora ad once cento.