[313] Accordarono i parlamentarî i consueti donativi ordinarî, che noi additati abbiamo nelle antecedenti adunanze dello stato; e per quel che riguarda la controversia con Messina, divennero a contentarsi che si rimettessero all’arbitrio di S.M. le condizioni, che riguardavano le grazie, che richiedeano i Messinesi, e che si volea che non potessero loro accordarsi, se prima non ne era intesa la deputazione del regno, purchè non restasse alterata la forma del governo presente; e che si togliesse l’altro patto, che nel caso che il monarca non si negasse al progetto dei Messinesi, dovesse restituire i trecento mila scudi coi frutti, come se si fossero dati a cambio: purchè il re si obbligasse a restituirli cogl’interessi, che ne soffrirebbe il regno, quando non volesse accudire alla richiesta fatta l’anno 1630 (1442).
Intorno poi a farsi il pagamento in moneta castigliana non vollero i parlamentarî in verun conto acconsentirvi; persuasi che questa fosse una novità, e che ogni novità suol essere sempre pregiudizievole allo stato. Ma per mostrare che non si movevano da alcuno interesse, per supplire ai bisogni, in cui il re trovavasi, furono contenti che se gli pagassero per una sola volta duecento cinquanta mila scudi (1443) di moneta del regno, e liberi al re senza condizione alcuna. Queste risoluzioni prese dagli ordini dello stato furono comunicate ai 16 di giugno al vicerè, cui fu fatto il solito dono de’ cinquemila fiorini, siccome al di lui cameriere maggiore furono date le onze 200, e le cento ai regî uffiziali (1444).
| |
Accordarono Messina Messinesi Messinesi
|