Cercando poi gli ordini dello stato i mezzi per accumulare la detta somma, stabilirono due gabelle; l’una sopra la carta bollata, e l’altra sopra tutti i contratti a cambî, e alla meta (1479). Nè gli atti del parlamento, nè gli storici ci accennano quanto si pagasse ogni foglio di carta bollata, e solo ci additano (1480) che la medesima si adoprava in tutte le cause civili, e criminali. Noi però nei registri dei nostri regî archivî osserviamo che si usava del pari in tutti i dispacci viceregî, sebbene non riguardassero le suddette cause, e opiniamo che se ne facesse uso in tutti gli atti pubblici. Per conto poi all’altra gabella siamo avvertiti dagli stessi atti di questo parlamento, che in ogni contratto si pagava il due per cento, esclusi però quei contratti, che riguardavano il pubblico bene, i quali perciò erano esenti da questo dazio (1481). Si fecero in detta [322] adunanza i soliti regali al vicerè, al suo cameriere maggiore, e al protonotaro, e suoi officiali.
Isbrigato il parlamento, si dispose il conte di Assumar a partire per l’Italia per adempire i comandi avuti dalla corte (1482); ma prima di partire, giusta l’istruzione, che avea ricevuta, lasciò per luogotenente del regno il cardinal Giovannettino Doria arcivescovo di Palermo, e gliene spedì il dispaccio viceregio da Messina ai 18 di aprile dello stesso anno (1483). Il possesso della carica di luogotenente non fu preso da questo porporato, che a’ sette del seguente mese di maggio in Palermo (1484); laonde è da credersi che il detto vicerè non partì, che ne’ primi di questo mese da Messina, e che avutasi la notizia della di lui partenza dall’arcivescovo di Palermo, si pose egli in possesso per la quarta volta di questa carica, e fe nel duomo il solito giuramento.
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