Non molto dopo la partenza del conte di Assumar, e precisamente a’ 9 di settembre fu dato in Palermo il così detto spettacolo pubblico de’ condannati dal tremendo tribunale del S. Uffizio, che gli Spagnuoli chiamano Auto-da-fè, per cui portandosi in trionfo l’intolerantismo, e la crudeltà, furono bruciati vivi, previe molte solennità, Gianbattista Verron francese, come calvinista, Gabriello Tedesco moro, che si era fatto cristiano, e di poi professava il maomettanismo, e F. Carlo Tavolara laico professo Agostiniano calabrese, che spacciandosi per Messìa, avea per quel che diceano i processi, promossa una nuova setta, che chiamavasi de’ Messiani (1497). Noi ci dispenseremo dal riferir minutamente tutte le circostanze di questa tragica funzione, per cui freme l’umanità: si offrono, come offrivano i Cartaginesi a Saturno, umane vittime alla divinità, e si vede con una orrenda mostruosità, che si oppone alla ragione, unirsi lo spirito caritatevole prescritto dalla legge di Gesù Cristo, alla vendetta inumana, che insinua un mal’inteso entusiasmo d’intolleranza. Noi non vedremo mai più codeste orride carnificine, dapoichè in questo felicissimo secolo [325] decimottavo, come si è osservato al capo XIII del presente libro, per la clemenza del nostro sovrano si è abolito il detto odiosissimo tribunale del S. Uffizio.
Non più ritornò in Sicilia il conte di Assumar. Essendo morto l’infante Ferdinando cardinale ed arcivescovo di Toledo fratello del re Filippo IV, che comandava ne’ Paesi Bassi Austriaci, ne fu dato il governo al nostro vicerè, e vacò quindi il viceregnato di Sicilia.
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