La stessa mattina fu dato da lui ordine, che si facesse mano bassa sopra quei pochi Spagnuoli, ch’erano in città, a’ quali neppure valse il sacro asilo delle chiese, e furono eletti per consiglieri del nuovo capitan generale i due avvocati Pietro Milano, di cui parleremo fra breve, e Giuseppe la Montagna. Date queste, ed altre disposizioni, uscì l’Alesi a cavallo vestito d’armi bianche, e colla spada snudata, preceduto dal tamburro, e da uno alfiere, che portava il ridetto stendardo, e accompagnato da’ due consoli, da quaranta uomini armati, ch’erano la sua guardia, de’ quali era capo Giuseppe Erranti, e da un prodigioso numero di ragazzi, che gridavano: Viva il re, e fuori il mal governo. Girò in questo modo per la città, e poi si recò alla chiesa di S. Maria della Catena, per conferire coll’inquisitore Trasmera, e chiedergli Francesco Barone, ch’era nelle carceri [339] del S. Uffizio, che volea per segretario; e di là venne per ascoltare la messa alla chiesa di S. Giuseppe. Ivi incontratosi co’ senatori, confermò loro la promessa di abboccarsi nell’ora prescritta col senato, e restò contento, che a quella radunanza fossero anche chiamati il detto inquisitore, e il giudice della monarchìa, a’ quali spedì due consoli per invitarveli, e di poi tornò a casa.
Giunta l’ora del congresso venne al tempio di S. Giuseppe colla stessa pompa; dove trovò pronto il senato, l’inquisitore, il giudice della monarchìa, e molti magnati, ch’ei stesso vi avea fatti chiamare, e sedutosi in mezzo a’ due prelati ascoltò prima i memoriali de’ ricorrenti.
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