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      Accalorando questa proposizione il giudice della monarchìa, lo Alesi vi condiscese, e fe promulgare un bando, per cui ordinò che in tutti gli affari si ricorresse al marchese de los Veles, eccetto quelli, che apparteneano al sindaco; e comandò inoltre che si aprissero le porte della città, perchè fosse libero il commercio. Dopo desinare sulle ore 22 andò questo capopopolo al duomo con un torcetto di cera in mano, e accostatosi all’altare del Crocifisso, rese al medesimo le grazie per la supposta tranquillità arrivata alla capitale (1548).
      Non era nondimeno sperabile la quiete, se non si troncava la testa all’idra, che tenea la città in ceppi. Sen’erano bene accorti i consoli, e gli artisti, e sopratutto gli orefici, e i pescatori, ch’erano stati così malmenati da questo tiranno; e mentre l’onoravano, cercavano i mezzi di disfarsene. Vi erano eglino invitati dagli eccitamenti de’ nobili, e de’ buoni cittadini, e principalmente dallo inquisitore Trasmera, presso di cui si teneano i congressi, e già si era stabilita la maniera per venirne a capo, e non si aspettava che il permesso del timido vicerè, che non sapea risolversi ad accordarlo. Lo Alesi era entrato in qualche sospetto, e avea chiamati i suoi a consiglio, nè tenendosi sicuro nel chiostro di S. Giuseppe, si ritirò a casa per mettersi in istato di difesa. Ci trarrebbero troppo in lungo, se ci venisse voglia di rapportare tutte le minute circostanze, che precessero la morte dello Alesi, sulle quali possono consultarsi il Collurafi (1549), e il Diario dell’Auria; perciò solo racconteremo come finì questo secondo atto della nostra tragedia.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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