Le diligenze fatte dal vicerè, e da coloro, ai quali stava a cuore la salvezza comune, non fecero comparire il preteso liberatore della patria nel prefisso giorno. Ma nei primi del seguente ottobre fu preso in campagna il detto di Ventimiglia, il quale posto alla tortura confessò di essere l’autore dei cartelli e di altri delitti; e ai 16 del detto mese fu strozzato nella piazza dirimpetto al castello; e per onore della famiglia, di cui portava il cognome, fu tosto seppellito senza strepito (1553).
Ma i guai maggiori consistevano nelle angustie, in cui si trovava la città per conto dell’estinte gabelle. Vuolsi, che per essere stata obbligata a dare il pane all’antico peso, dai 20 di maggio fino all’ultimo di ottobre per la calcolazione allora fatta, era la cassa senatoria in perdita di oncie cinquantacinquemila e settecento. Il vicerè, che per sistemare la città, e tenere unita la nobiltà col popolo, avea date le convenienti provvidenze, volendo ancor riparare a questo purtroppo grave male del debito del senato, stabilì una nuova deputazione, a cui coi senatori furono chiamati molti cavalieri, e popolari, i quali erano incaricati di trovare il modo da sanare queste piaghe (1554). Sulle prime non si trovarono altri espedienti, che quelli di sospendere tutti i salarî, e di risecare le spese inutili (1555), debole aiuto ai pressanti bisogni di quel magistrato.
Niente vi ha, che conduca a rendere più brevi i giorni degli uomini, quanto le agitazioni dell’animo, e le afflizioni. Il marchese de los Veles le soffriva fin da’ 20 di marzo, senza poter mai godere un dì [343] sereno.
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Ventimiglia Veles
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