Volea questo porporato, e dovea affogarla sollecitamente, ma senza strepito, e rumore; perchè non si eccitasse in città alcun’altro movimento. Perciò assicuratosi dell’Albamonte, cercò di avere nelle mani gli altri congiurati prima che la congiura si divulgasse, e vi riuscì. Si avvalse dell’inquisitore Trasmera per far carcerare il Sirleti sotto il pretesto, che avea disubbidito, stando in Palermo, al bando datogli dal tribunale. Il Patti fu tirato al regio palagio da Francesco Perdico portiere di camera col sutterfugio che dovesse fare una testimonianza, e il Vairo gli fu condotto sotto non so quale altra scusa dal marchese dell’Alimena suo padrone. Assicurati questi quattro capi, alcuni de’ quali confessarono nettamente il proprio delitto, e gli altri cercarono di scusarsi, fu subito a’ medesimi compilato il processo.
Per quanto occulta fosse questa forma di giudizio non potè ignorarsi in città la loro carcerazione; e cominciò a penetrarsi che costoro erano tenuti in ceppi, perchè si credeano rei di fellonìa. E come i loro delitti erano raccontati ora in un modo, ed ora in un altro, non mancarono certi spiriti torbidi di spacciare, che costoro erano innocenti, e che il cardinale infingea che fossero delinquenti, affine di avere la libertà di gastigare coloro, che aveano avuta parte nelle passate vertigini, ed aveano già ottenuto dalla corte l’indulto (1568). Ma subito che costò la loro patente reità, e la confessione, ch’eglino stessi ne aveano fatta, cessarono le mormorazioni, e restò ciascuno persuaso che meritamente fossero gastigati.
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