Ivi s’infinse ambasciadore de’ consoli di Palermo, che ricercavano l’appoggio del re di Francia, per iscuotere il giogo degli Spagnuoli. Il governatore di quella città, cui egli si presentò con questo finto carattere, riputando l’affare di molta conseguenza per la corona di Francia, lo mandò a Parigi a sue spese, e lo accompagnò con sue lettere. Era alla testa degli affari il cardinal Giulio Mazzarino, uomo di singolari talenti nella filosofia del governo, il quale [348] avea ereditato contro la casa d’Austria l’odio del cardinal de Richelieu. Udì questi la proposizione fatta dal Platanella; ma vedendolo privo di monumenti, che assicurassero la sua commissione, sospettò che non fosse codesta una invenzione di questo furbo prete. Nondimeno non dispregiò il progetto, e accarezzatolo, gli fe dare del denaro, e lo spedì in Roma all’ambasciadore di Francia, come a quello, che trovandosi più vicino al nostro regno, era più a portata di sapere la verità de’ fatti. Partì il Platanella col marchese Mattei, che andava del pari a Roma, e ch’ei immaginò che fosse un francese. Prendendo questi viaggiatori, come è costume, una certa familiarità fra di loro, il Platanella confidò al Mattei l’oggetto, per cui andava in Roma. Questi si accorse dell’errore, in cui era il siciliano, e fingendo di approvare il progetto, si esibì d’introdurlo presso l’ambasciadore di Francia, di cui mostrossi confidentissimo, e il Platanella volentieri accettò quest’offerta.
Arrivati che furono in Roma, il Mattei suggerì al Platanella, che per la sicurezza dello affare sarebbe opportuno lo avvertirne prima l’ambasciadore, e prese a suo carico di andare subito ad avvisarlo.
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