La feluga trapanese, che li conducea, soffrì una tempesta, e prese porto a Milazzo. Il Borgognone temendo che il Platanella gli scappasse, e impaziente di compiere la sua commissione, confidò l’arcano al capitano d’armi, e lo fe imprigionare, dandone parte al Trivulzio. Il cardinale, perchè non nascesse bisbiglio in città, il fe condurre segretamente nelle carceri del S. Uffizio in Palermo, e di là lo fe venire al regio palagio. Fatto l’esame dal consultore, e dal procurator fiscale Cicala, si conobbe che i consoli non aveano avuta veruna ingerenza in questo affare, e che ogni cosa era stata una pretta invenzione del Platanella. Costui dunque, come sacerdote, fu consegnato alla corte arcivescovile, acciò fosse degradato, e di poi restituito alla corte secolare. Passò qualche tempo, fino che il tutto si eseguisse secondo le dovute forme, e finalmente a’ 22 di maggio 1648 questo sconsigliato fu strozzato, e il di lui cadavere fu appeso ad una forca nella suddetta piazza Vigliena (1570).
      Ma prima che si fosse dato il condegno gastigo al Platanella, il cardinal Trivulzio ebbe a provare de’ sinistri, per cui a stento tenne la città in quiete. Era molto tempo, ch’ei si era accorto della insolenza dei consoli, dai quali dipendea il resto del popolo. Costoro si aveano usurpato un certo dispotismo sopra quei del loro collegio, gastigandoli da per loro, senza ricorrere ai tribunali: usavano inoltre uno assoluto potere sull’annona amministrata dal senato; essendo fino arrivati a bruciare i grani, che credevano di cattiva qualità: obbligando quel magistrato a provvederne degli altri.