.. ita ut non fuerit praesens Prorex, seu donec aliter per nos provisum fuerit. Questa avvertenza sarà necessaria per ciò, che dir dovremo in appresso.
La misera città di Palermo era nella maggiore desolazione. Le congiure in essa erano divenute come le teste favolose dell’Idra; scopertasi, e castigatane una, tosto ne sbucciava un’altra. Fra gli amici del Milano eravi un certo Francesco Ferro di Petralìa Sottana, il quale tenea bottega di merciaio in Palermo, uomo facinoroso, che per varî delitti era stato più volte bandito dalla città. Di costui non si seppe, che fosse a parte della congiura del suo amico; e perciò non fu cercato, nè mandato alla Pantellarìa. Malgrado l’esempio della funesta fine del Milano, seguendo questi le di lui pedate, si fe un partito considerabile di plebei, coi quali intendea di eseguire ciò, che non avea potuto compiere il suo amico. Penetrò questa nuova cabala Carlo Ventimiglia capitano della città, e ne avvisò subito il cardinale, il quale, volendo dare le provvidenze necessarie, ne avvertì immediate il pretore, per cui ordine furono tosto visitati i baluardi per osservare se gli artisti, che li custodivano, avessero parte nella nuova tumultuazione, e per animarli a stare attenti. Queste prevenzioni furono molto opportune, come vedremo.
Scoppiò in fatti in capo a poco la temuta congiura. La notte dei 9 luglio udissi un gran fracasso per la città; si gridava all’armi, e si dicea che il cardinale, e la nobiltà avrebbono quella stessa notte fatto uccidere i consoli, avrebbono tolti i baluardi agli artisti, ed avrebbono rimesse le antiche gabelle.
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