Speravano i sediziosi con queste voci di mettere in tumulto la città, ma vi restarono delusi. I collegi delle arti erano stati già prevenuti dal pretore, nè fecero verun caso delle loro parole. Il cardinale allora, conoscendo che la sua moderazione rendea sempre più ardita, ed insolente la plebaglia, fe mettere in armi le truppe, che già erano in un considerabile numero, e fe occupare dalle medesime i capi di tutte le strade, che conducevano al regio palagio, con ordine di far fuoco, se mai i tumultuanti si accostavano. Seppe intanto che fra’ rivoltati vi era quello stesso fabbricatore di amido, ch’ei avea liberato nella congiura del Milano, e un figliuolo del calzettaio assai ragazzo. Furono presi ambidue di suo ordine, e rivelarono che era loro capo il Ferro. Il primo, come contumace, fu strozzato immediatamente, e il secondo, come troppo ragazzo, fu condannato alla frusta, e allo esilio. Si spedì poi della gente ad assicurarsi del Ferro. Questi trovandosi in casa, si fe forte, ed uccise con una fucilata uno dei soldati, che erano [352] andati per arrestarlo. Fu non ostante preso, e per sentenza dei giudici strozzato, ed appeso ad un palo dirimpetto la sua bottega. Fu lo stesso giorno carcerato, e condotto al supplizio Giovanni Battista dell’Aquila, l’amico dello Alesi (1575), che forse fu creduto complice di tutte le cospirazioni.
Con questa sollecita, ed esemplare giustizia eseguita in poche ore si estinse la congiura del Ferro, che fu l’ultima per divin favore, che afflisse la capitale; giacchè quella che riferiremo nel capo seguente, non ebbe ulteriore effetto.
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