Furono di poi presentati al pretore, e da questi al vicerè, alla di cui presenza parlò a nome di tutti Giuseppe Zarzana console degli orefici, il quale dopo di avere rammentata la prontezza dei loro collegi nell’imprigionare i capipopoli, e nel custodire la città, dichiarò che eglino erano pronti a deporre quelle armi, che non aveano prese, che per mantenere la pubblica tranquillità, e a consegnare i baluardi loro affidati dal Governo. Soggiunse poi, che eglino in premio di quanto operato aveano, pregavano sua eminenza ad accordar loro la grazia di rimettersi nuovamente le gabelle, per le quali pagandosi i così detti Bimestranti, sarebbe circolato il denaro; giacchè costoro avrebbono impiegati gli [353] artigiani, e i poveri in opere lucrose, dalle quali sarebbe ridonato loro il modo di alimentare le loro famiglie.
Gradì il cardinale la prontezza, con cui i consoli ubbidivano, e li ringraziò. Per rapporto alle gabelle si negò di rimetterle, stantechè erano state abolite col consenso del sovrano; e li consigliò a chiedere questa grazia in un memoriale sottoscritto dai capitani dei quartieri dei consoli, e dai consiglieri delle arti, ch’egli avrebbe mandato alla corte, promettendo di procurare un favorevole rescritto. Così fu fatto; e intanto il Trivulzio, per non perdersi il tempo, ordinò sotto li 25 di luglio al senato, che scegliesse alcuni deputati, i quali deliberassero quali gabelle, e in qual modo si dovessero imporre (1577). Fu perciò eretta una deputazione composta dal pretore, dai due senatori cittadini, dal proposito di s. Giuseppe dei pp.
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Giuseppe Zarzana Governo Bimestranti Trivulzio
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