Questo cavaliere, di cui si è detto che cedendo il posto al cardinal Trivulzio se ne era ritornato in Sicilia, e senza farsi vedere da persona, si era ritirato a’ suoi stati, nel mese di aprile era andato a Messina per ossequiare il serenissimo vicerè Giovanni d’Austria; e poi che vi si trattenne qualche tempo ne partì, e comparve in Palermo al primo di giugno dove volle starsene, tenendo, come suol dirsi, lo incognito, giacchè marciava in un cocchio chiuso, il che eccitava vieppiù il desiderio del popolo, che o da molti anni non lo avea più veduto, o che non lo conoscea ancora, sebbene ne avesse sentito tanto parlare dai vecchi padri (1602). Non si seppe allora, nè tuttavia si sa, s’ei vi fosse venuto accidentalmente, o vi fosse stato chiamato dai suoi partitarî, per cooperare coi suoi consigli alla esecuzione di quanto si era immaginato a suo favore. È certo nondimeno che Pietro Opezzinga suo intimo amico gli confidò la congiura, cha stavasi ordendo. Piacque al duca il progetto, e vieppiù lo gradì, udendo che fosse posto in ballo il conte del Mazzarino, e ch’egli senza nulla rischiare potea agevolmente fregiarsi il capo del diadema di Sicilia. Furono perciò introdotti segretamente dall’Opezzinga i due avvocati, ai quali fu aggiunto il parroco Simone Rao, e Requesens, ch’era creduto il più politico cavaliere, e il più destro nel maneggiare gli affari. Il trattato andò così innanzi, che crebbe a dismisura il numero dei nobili, che approvavano la risoluzione di scegliersi un re, e di farne cadere la elezione in persona del duca di Montalto.
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