Rammentansi fra questi il conte di Ragalmuto, Giuseppe Ventimiglia fratello del marchese di Geraci, Giovanni Gaetano fratello del principe del Cassero, Giuseppe Requesens [359] fratello del principe di Pantellaria, Ferdinando di Afflitto fratello del principe di Belmonte, Pietro Filangeri fratello del marchese di Lucca, e moltissimi altri nobili, oltre gli accennati Opezzinga, e Rao.
Ma per quanto fosse occulta la illusione, che si facea al Branciforti, se ne accorse la contessa sua moglie, dama impareggiabile per i suoi talenti, la quale prevedendo la rovina della sua famiglia, e sicura, che ancorchè la cabala fosse per riuscire, il conte suo marito sarebbe stato escluso, lo avvertì: manifestandogli la doppiezza dei suoi avvocati, che gli faceano giocare questa pedina per poi tradirlo; e lo pregò a sottrarsi da questo impegno: minacciandolo, che se non palesava la congiura al vicerè, essa stessa gliel’avrebbe manifestata. Era entrato il conte in qualche sospetto che fosse bindolato; e mosso ancora dalle chiare prove che gliene dava la moglie, si determinò di prevenire il male, che poteagli arrivare; e perciò spedì a Messina Barnaba Giacinto Mirelli uomo assai accorto, ed amico del segretario la Leguja, acciò svelasse a sua altezza tutto l’ordine dell’ordita cospirazione.
Il serenissimo vicerè non amò di accendere in Sicilia un nuovo incendio, perseguitando tutti i congiurati, e si persuase, che assicurandosi del Giudice, e del Pesce, che erano le due principali molle della macchina, avrebbe rotte tutte le fila della medesima, ed avrebbe dato l’adito a molti nobili, che si erano lasciati ingannare, il di cui sangue non volea spargere, di allontanarsi dal regno.
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