Era egli anche stato ambasciadore del re alla repubblica di Genova, e trovavasi consigliere nel consiglio di Castiglia. Egli adunque nel seguente giorno alla partenza del serenissimo vicerè, cioè a dire a’ 29 di maggio andò alla cattedrale, dove lettosi il dispaccio viceregio fe il solito giuramento, e prese possesso della presidenza del regno (1623).
Era già il tempo vicino a celebrarsi l’ordinario parlamento, e questo presidente del regno lo convocò nella sala del regio palagio di Palermo il primo dì del mese di luglio. Arrivato il detto giorno non richiese egli ai parlamentarî che i consueti ordinarî donativi, i quali furono di comun consenso accordati dagli ordini dello stato, da’ quali furono anche offerti i cinque mila fiorini a S.E., e dati i soliti regali al suo cameriere maggiore, ed a’ regî uffiziali (1624).
Poco sopravvisse questo governante alla celebrazione del parlamento; imperocchè infermatosi a’ tre dello stesso mese con grave malattia, a’ 10 finì di vivere. Prima di abbandonare questa terra pensò a scegliersi un sostituto, che governasse il regno, fino che il re avesse eletto il nuovo vicerè. Desiderava egli di lasciare in questo posto il proprio figliuolo Giuseppe Bricel Ronchiglio, ma vi si oppose il sacro consiglio sul motivo, che non avendo la facoltà di sostituire, che i soli vicerè (tale allora era l’ordine delle cose), nè essendo egli, che presidente del regno sostituito da sua altezza Giovanni d’Austria, non era in suo potere il darsi un successore. Si arrese a questa difficoltà il moribondo cavaliere, e chiese perciò ai consiglieri, cosa in queste emergenze fosse d’uopo di fare; col voto de’ quali fu risoluto, che fosse espediente di lasciare interinamente monsignor Martino de Leon arcivescovo di Palermo.
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