Dunque nel dì 9 di esso mese coll’avviso del sacro consiglio sottoscrisse egli il dispaccio viceregio a favore del detto prelato, con cui gli affidava il governo del regno durante la sua malattia, e sino a nuovo ordine di S.M. (1625). Alla morte gli furono celebrati pomposi funerali, e il di lui cadavere restò in deposito nella cappella del regio palagio sino a’ 4 del seguente ottobre, nel qual giorno partì la di lui moglie co’ figli per Spagna, recando seco le ossa del marito per riporle nell’avello de’ suoi maggiori, secondo il pregiudizio che tuttavia regna, che le ceneri de’ morti non riposano quietamente altrove, che nella propria patria, e in compagnia de’ loro antenati.
      Nello stesso giorno della morte del Ronchiglio l’arcivescovo di Palermo dell’ordine di S. Agostino prese il solenne possesso nella cattedrale, e giurò al solito la osservanza delle leggi, delle costituzioni, e de’ capitoli del regno (1626). Durò egli poco tempo nel governo della Sicilia, giacchè fu rilevato dal nuovo vicerè nel mese di dicembre dello stesso anno. Nel breve suo presidentato si attenne sempre a quanto il sacro consiglio consultava. Appena venuto il nuovo governante, depose la carica, e si applicò interamente alla cura del suo gregge, che resse sino a’ 15 di novembre dell’anno 1655. Fu egli pio, e dolce, ma sopra tutto si distinse per la sua carità verso i poveri, in guisa che ne fu chiamato il padre. Molto denaro egli erogò in abbellimento della sua chiesa. Le sei statue di marmo, che veggonsi nella piazza del duomo dalla parte del cassero, furono fatte a sue spese; le finestre, ch’erano in forma gotica furono col suo denaro [364] rimodernate, siccome furono anche fatti i capitelli alle antiche colonne.