Ma più d’ogn’altra cosa fe rilevare il rigore di questo vicerè il gastigo dato a tre soldati spagnuoli, che aveano prima rubato, e poi ucciso nella contrada de’ Colli un cavaliere della nobil famiglia Ebbano, che veniva in città dalla sua casina di campagna, che fe irremissibilmente strozzare sulle forche, quantunque fossero della sua nazione (1632).
Fu anche questo duca diligentissimo nel preservare il regno da qualunque danno. Erasi manifestata nel regno di Catalogna, e nelle isole di Majorca, e Minorca la peste nella estate di quest’anno 1652. Avutane egli la notizia, ne diè conto a tutte le città, e terre del regno con una circolare spedita nel mese di giugno, vietando sotto severissime pene alle città marittime di dar ricetto a veruna barca, che fosse partita da’ suddetti luoghi attaccati dal contagio. Rinnovò nel mese di agosto lo stesso ordine per l’isola di Sardegna, per l’isola d’Urla nel levante, e per la provincia di Linguadoca in Francia, ne’ quali luoghi era anche penetrato il pestifero male (1633). Date queste disposizioni, volle egli fare una scorsa per alcune città marittime, e visitò nel mese di ottobre Trapani, Mazara, Marsala, Sciacca, la Licata, ed altri vicini luoghi (1634), o per osservare come fossero fortificate, o per conoscere se i suoi ordini intorno al contagio fossero esattamente eseguiti, o per ascoltare, come era dovere, le lagnanze de’ popoli, che standosene il vicerè in Palermo, o a Messina, non sogliono arrivare alle loro orecchie, essendo dispendioso alla povera gente il viaggio sino alla corte, e gravosa la dimora fuori della patria; e se fanno i loro ricorsi per lettere, sono allo spesso [366] affogati da’ cortigiani.
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